Regno del Nord

Prequel della saga TRI

Lorena Laurenti

 

Un istante dal profumo speziato. Una parentesi silenziosa in un mondo dove tutto sta per mutare. Magia e mistero vi condurranno al cospetto degli dèi, tra re e sacerdoti, consiglieri e guaritori. Questa è la storia di due giovani coinvolti in un’impresa che cambierà il destino a venire.

 

CINQUANTOTTESIMO ANNO
DELLA DINASTIA DI TORHAS

 

1

 

L’attesa profumava di cannella e cedro. Era l’istante della giornata che Annael aspettava con apprensione, in cui, finalmente, poteva vederlo. Timida, si nascondeva oltre le tende e lo cercava tra tutti. L’ottava ora dall’alba, nel momento preciso in cui la Prima, la sacerdotessa reggente, si ritirava e il salone dei banchetti rimaneva vuoto.

La ragazza pregustava quel breve lasso di tempo fin dal risveglio quando, ancora assonnata, usciva dalla zona degli alloggi comuni per aiutare nelle cucine. Dimenticava il freddo pungente e l’acqua gelida del pozzo e lasciava che i dettagli riaffiorassero pian piano. La casacca di cuoio, a distinguere i cadetti dai soldati in carica, lo rendeva più robusto della sua reale costituzione, ma era il portamento ad affascinarla, del tutto diverso dalle altre reclute. Non si trattava dell’ennesimo rampollo di qualche famiglia arricchita sotto il florido governo di Torhas, bensì del primogenito della casata dei Risdat, da generazioni al servizio del Nord. Eppure, nonostante la posizione, il sorriso garbato sul suo volto non si spegneva mai, accompagnato da uno sguardo fiero impossibile da acquisire.

Annael aveva finito per innamorarsene, ed era a causa di quel giovane se insisteva per occuparsi delle pulizie della sala. Le eseguiva in fretta e, fingendo di lavare le vetrate, sbirciava il campo di addestramento ben visibile da quell’ala. Anche in quell’istante il cuore le scoppiava in petto, come ogni volta. Le bastava scorgerlo da lontano, all’inizio dell’allenamento. Solo due clessidre, non di più. Abbastanza per far cadere ogni barriera e sognare.

Purtroppo, quel freddo giorno ancora troppo distante da Badain, lui non c’era.

Lo sguardo saettò in ogni angolo alla ricerca del volto ormai familiare; le mani si aggrapparono alle tende e il naso finì schiacciato sul vetro. Il cadetto non era uscito.

Un vuoto incolmabile le attanagliò lo stomaco, quasi tra di loro ci fosse un legame e quell’unica assenza mirasse a spezzarlo. Chiuse e riaprì gli occhi più volte, cancellando il velo di lacrime che le annebbiava la vista, e si denigrò mentalmente per la reazione spropositata. Infine, rassegnata, lisciò il grembiule e diede un’occhiata rapida alla sua immagine riflessa sul grande specchio a decorazione della parete.

Come può, lui, prendermi soltanto in considerazione?, rifletté. Era ridicolo. Il divario tra loro era tanto immenso da non permetterle di conoscere nemmeno il suo primo nome.

Raccolse i lunghi capelli chiari in una coda e si strofinò le mani sul viso per cancellare la frustrazione. L’incenso si era completamente consumato, lasciando un velo di polvere. Con un gesto automatico pulì il contenitore e, soltanto allora, notò la figura vicino alla porta. La donna doveva osservarla da qualche tempo, e lei non poté fare a meno di trasalire.

«Ha proprietà riequilibranti, per questo viene utilizzato spesso nelle sale del palazzo», proferì, indicando i mozziconi bruciati.

Le mani di Annael presero a tremare. Se una sacerdotessa rivolgeva la parola a una serva era per riprenderla; se questa era addirittura la Prima, i guai erano molto grossi. La ragazza deglutì rumorosamente e si chiese cosa avrebbe fatto se l’avessero cacciata dal palazzo. Non aveva mai avvicinato il soldato, non si sarebbe permessa, per cui la punizione non poteva essere tanto drastica.

«Avanti, Annael, seguimi.»

Sa il mio nome?, fu la prima domanda a emergere. Lei l’aveva intravista in diverse occasioni ufficiali, era influente nel regno; il contrario, ovvero essere a sua volta conosciuta dalla donna, le sembrava impossibile.

Fece quanto richiesto. Mise via il panno e, occhi bassi, la tallonò.

La condusse in una zona del palazzo a lei preclusa. Giunte a una grande porta ad arco, la sacerdotessa posò una mano sulla serratura. Dalle sue labbra fluì una lenta cantilena simile a una liturgia nell’antica lingua. Dalle dita si sprigionò una luce azzurrognola tenue, e la serratura si aprì con uno schiocco. Quel gesto, unito all’immensa grazia delle sue movenze, incantò del tutto la giovane. Tuttavia fu quanto vide oltre la soglia a paralizzarla: il ragazzo su cui a lungo aveva ricamato in segreto, le stava davanti e la fissava.

«Ho un compito da affidarti», scandì la sacerdotessa. «Lerill Eidan Risdat ti aiuterà.»

 

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© 2012 Lorena Laurenti  © 2017 Lorena Laurenti

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